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Per un
dialogo con Dio
Riflessioni sulla
preghiera
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Questo studio sulla preghiera
riporta integralmente il contenuto del libro "PER
UN DIALOGO CON DIO" di GUY
APPÈRÉ -
Edizioni E. P. - C. P. 20
- Finale Ligure (SV) |
Capitolo 8:
La Fede e la
preghiera
1. Relazione
tra Fede e preghiera
1a. Chiedere
con fede, ma sottomettersi alla volontà di Dio
1. Relazione
tra Fede e preghiera
Gesù disse: «Abbiate fede in Dio! In
verità Io vi dico che chi dirà a questo monte: Togliti
di là e gettati nel mare, se non dubita in cuor suo, ma
crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto.
Perciò vi dico: Tutte le cose che voi domanderete
pregando, crediate che le avete ricevute, e voi le
otterrete» (Mar. 11:22-24). «E
tutte le cose che domanderete nella preghiera, se avete
fede, le otterrete»
(Matt. 21:22).
Uninterpretazione
abusiva di questi versetti biblici, ai quali taluni
si riferiscono talvolta in modo esclusivo,
lascerebbero pensare che noi
possiamo essere agevolmente dispensati da unattenta
ricerca della volontà di Dio.
Certo,
Giacomo domanda che la preghiera sia presentata a Dio con
una fede incrollabile, che per Lui, come abbiamo visto,
è la condizione necessaria allesaudimento (Giac. 1:6-7).
Ancora va osservato che qui non si
tratta duna preghiera qualunque: ciò che lo
scrittore raccomanda ai suoi lettori di chiedere a Dio
con certezza perfetta, è la saggezza.
Ora, Dio vuole che
tutti gli uomini siano saggi (Coloss. 3:16).
Ma non tutte le richieste possono avvalersi di unindicazione
della volontà di Dio altrettanto chiara.
Gesù
poteva dire, prima ancora di aver visto il
miracolo divino: «Padre,
Ti ringrazio che Mhai esaudito. Io ben
sapevo che Tu Mi esaudisci sempre; ma ho detto
questo a motivo della folla che Mi circonda,
affinché credano che Tu Mi hai mandato» (Giov. 11:41-42).
1a. Chiedere
con fede, ma sottomettersi alla volontà di Dio
Il Signore, tuttavia, non domanda a
caso, nelle Sue preghiere.
È giunto Egli
stesso a rinunciare talvolta a soddisfare le Sue
legittime necessità, od a realizzare i Suoi desideri
umani, altrettanto legittimi, per inchinarsi davanti
alla suprema e perfetta volontà del Padre Suo (Matt. 4:2-4; Matt. 26:39-42).
Torniamo ancora una volta allesperienza,
sotto molti aspetti assai illuminante, dellapostolo
Paolo.
In
tre riprese (vale a dire, con insistenza) egli
pregò Dio, con fede, di liberarlo dal male che
tanto lo faceva soffrire, ma non doveva essere
esaudito.
Dio gli riservava una grazia ancor maggiore.
Paolo non conobbe il miracolo della guarigione,
visse invece quello permanente dun
ministerio straordinario nella sua sofferenza
inguaribile.
Tale esperienza ci
aiuterà forse ad afferrare la chiave del nostro
problema. Come si può conciliare la fede, che è
ferma e non sopporta alcun dubbio, con i tentativi di
ricerca della volontà di Dio, ed infine, con la
sottomissione a questultima.
Le parole di Gesù citate
allinizio del presente capitolo sembrano, ad una
prima lettura, attribuire alla fede in se stessa una
potenza soprannaturale.
Sembrerebbe che bastasse
avere la convinzione assoluta di ricevere quello che si
chiede per ottenerlo immancabilmente.
Aver fede nella propria fede
sarebbe la garanzia infallibile dun sicuro
esaudimento.
Una lettura più attenta correggerà tale impressione.
La potenza di cui
si parla qui non risiede minimamente nellatto
medesimo della preghiera, bensì nel Dio che si prega.
Gesù
laveva detto, iniziando la Sua
dichiarazione con queste parole: «Abbiate
fede in Dio»
(Mar.
11:22).
Non
sono le nostre parole che possono spostare le
montagne, e nemmeno una fede in misura
straordinaria, né basterebbe una quantità
minima: è Dio (Matt.
17:20).
La vera fede non è
riposta nellesaudimento,
ma in Dio;
non ha nulla in
comune con lauto-suggestione;
non è in
alcun caso un mezzo di pressione per ottenere da Dio
quello che si è deciso, in nome della fede, di
strapparGli ad ogni costo.
Dio non si lascia intenerire dalla
presunzione, e nemmeno dalla moltiplicazione delle parole (Matt. 6:7)
La fede non è una
certezza cieca e ostinata;
non si fonda sulla
forza del nostro diritto, né sulla fermezza delle
nostre convinzioni, né sulla potenza del nostro
desiderio;
confida nella bontà,
nella saggezza e nella potenza illimitata di Dio.
La fede non dice: «Se
puoi fare qualcosa, vieni in nostro soccorso»
(Mar.9:22-23).
Non ha il minimo
dubbio che Dio possa ciò che vuole.
Ma sa pure che Egli
vuole quello che è il meglio nel relativo della
nostra situazione terrestre; perciò non dirà mai:
«Signore, Tu devi
guarirmi».
Imporre a Dio
di volere quello che noi vogliamo, esigere da Dio
che ci obbedisca, non è più fede, ma
presunzione.
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La
fede dice: «Se
Tu vuoi, puoi rendermi puro» (Mar. 1:40).
Il lebbroso che pronunciava questa
preghiera venne guarito da Gesù: il fatto è che egli
non metteva in dubbio il potere del Figlio di Dio,
e tanto meno il Suo amore, ma
nella sua fede si rimetteva alla Sua perfetta volontà.
Come potremmo noi
preferire di vedersi compiere il nostro desiderio a
preferenza di quello di un Dio infinitamente saggio?
Non
sarebbe un limitare la grazia di Dio nei nostri
confronti, questo volerGli dettare la nostra
volontà? Non andremmo persino incontro al nostro
male, insistendo perché avvenga quello che noi
intendiamo con la nostra folle immaginazione?
Il nostro concetto
del bene e del male è assai relativo e troppo
sovente dipende dai nostri impulsi istintivi e
peccaminosi. La
fede consiste nel confidare in Dio.
Non conosce Egli i nostri desideri?
Non sa meglio di noi quali sono le nostre vere
necessità?
Egli saprà
rispondere, sicuramente, nel momento più propizio e
nella maniera più proficua per noi. Spesso Egli
andrà persino oltre la nostra immaginazione od il
nostro pensiero, nellesaudirci (Efes. 3:20).
È
quello che ha fatto in risposta al nobile desiderio di
David di consacrare tutti i suoi tesori e le sue risorse
nellelevarGli un tempio degno del Suo grande Nome (1ª Cron.
17).
Nella realizzazione di
tale voto, così caro al suo cuore, il re avrebbe trovato
la gioia e la gloria della sua vita. Dio gliela rifiutò,
riservandogli una grazia che doveva sorpassare
infinitamente tutto quanto egli avrebbe potuto sognare e
di cui, da vivo, non riuscì ad afferrare tutta la
portata: «non sarai tu a
costruire una casa per Me per Mia dimora, ... sarò Io a
fare una cosa per te!» (1ª Cron. 17: 4-10; Matt. 12:6).
E quale «casa»!
Quella che avrebbe coronato il
Cristo, il glorioso Figlio di David!
David
esercitò la sua fede non ostinandosi nei suoi progetti,
ma inchinandosi adorante alla volontà mirabile di Dio: «Poiché
Tu stesso, o mio Dio, hai rivelato al Tuo servo di
volergli fondare una casa. Perciò il Tuo servo ha preso
lardire di rivolgerTi questa preghiera. Ed ora, o
Eterno, Tu sei Dio, e hai promesso questo bene al Tuo
servo; piacciaTi dunque benedire ora la casa del Tuo
servo, affinchella sussista in perpetuo dinanzi a
Te! Poiché ciò che Tu benedici, o Eterno, è benedetto
in perpetuo»
(1ª Cron. 17:25-27)
Unultima
lezione, che getta luce sui rapporti della preghiera
e della fede, emerge dal commentario autorizzato che
dà lEpistola agli Ebrei della vita di alcuni
uomini notevoli, noti o ignoti (Ebr.11:30-40).
È
mediante la fede che taluni di essi: «vinsero
regni, operarono giustizia, ottennero adempimento
di promesse, turarono la gola dei leoni, spensero
la violenza del fuoco, scamparono al taglio della
spada, guarirono da infermità, divennero forti
in guerra, misero in fuga eserciti stranieri. Le
donne ricuperarono per risurrezione i loro
morti» (Ebr. 11:33-35).
Ma
questa fede che produsse dei miracoli è la
stessa che negò il miracolo: «e
altri furono martirizzati non avendo accettata la
loro liberazione affin di ottenere una
risurrezione migliore; altri patirono schemi e
flagelli, e anche catene e prigione. Furon
lapidati, furon segati, furono uccisi di spada;
andarono attorno coperti di pelli di pecora e di
capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro
il mondo non era degno) vaganti per deserti e
monti e spelonche e per le grotte della terra» (Ebr. 11:35-38).
Lautore
ispirato di queste righe sembra persino indicare che
la fede dei vinti - «coloro
di cui il mondo non era degno» -
era maggiore di quella dei vincitori.
Animati
da tale fede incrollabile, questi martiri anonimi
rinunciarono ad una grazia temporanea e terrena per una
grazia eterna e celeste: «altri
furon martirizzati non avendo accettata la loro
liberazione affin di ottenere una risurrezione migliore» (Ebr. 11:35, 40).
Questa aspirazione
al meglio va incontro alla volontà di Dio.
Dunque, la fede è ben più
duna convinzione, duna certezza o duna
fiducia; è una visione.
Una visione del
«meglio» che Dio desidera e prepara per noi.
Più ancora, è una
adesione di tutto lessere a tale
visione.
Tanta fede è capace di
tutto. È il pegno di ogni esaudimento. Essa
stessa è già esaudimento.
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RIASSUMENDO:
Relazione tra Fede e preghiera
Gesù disse: «Abbiate
fede in Dio! In verità Io vi dico che chi dirà
a questo monte: Togliti di là e gettati nel mare,
se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che
dice avverrà, gli sarà fatto. Perciò vi dico:
Tutte le cose che voi domanderete pregando,
crediate che le avete ricevute, e voi le
otterrete» (Mar. 11:22-24).
Uninterpretazione abusiva di questi
versetti biblici lascerebbe pensare che noi
possiamo essere agevolmente dispensati da unattenta
ricerca della volontà di Dio.
Ma non tutte le richieste possono avvalersi di unindicazione
della volontà di Dio assolutamente chiara,
allora bisogna sottomettersi alla Sua volontà.
Chiedere con fede, ma sottomettersi alla
volontà di Dio
Il Signore, stesso è giunto a rinunciare
talvolta a soddisfare le Sue legittime necessità
per inchinarsi davanti alla suprema e perfetta
volontà del Padre Suo.
Anche lapostolo Paolo pregò Dio, con fede,
di liberarlo dal male che tanto lo faceva
soffrire, ma non doveva essere esaudito. Dio gli
riservava una grazia ancor maggiore. Paolo non
conobbe il miracolo della guarigione, visse
invece quello permanente dun ministerio
straordinario nella sua sofferenza inguaribile.
Tale esperienza ci aiuterà forse ad afferrare la
chiave del nostro problema. Come si può
conciliare la fede, che è ferma e non sopporta
alcun dubbio, con i tentativi di ricerca della
volontà di Dio, ed infine, con la sottomissione
a questultima.
La vera fede non è riposta nellesaudimento,
ma in Dio; non è in alcun caso un mezzo di
pressione per ottenere da Dio quello che si è
deciso, in nome della fede, di strapparGli ad
ogni costo.
Dio non si lascia intenerire dalla presunzione, e
nemmeno dalla moltiplicazione delle parole.
La fede non è una certezza cieca e ostinata; non
si fonda sulla forza del nostro diritto, né
sulla fermezza delle nostre convinzioni, né
sulla potenza del nostro desiderio; confida nella
bontà, nella saggezza e nella potenza illimitata
di Dio.
La fede non ha il minimo dubbio che Dio possa
ciò che vuole. Ma sa pure che Egli vuole quello
che è il meglio nel relativo della nostra
situazione terrestre; perciò non dirà mai:
«Signore, Tu devi guarirmi».
Imporre a Dio di volere quello che noi vogliamo,
esigere da Dio che ci obbedisca, non è più fede,
ma presunzione.
Come potremmo noi preferire di vedersi compiere
il nostro desiderio a preferenza di quello di un
Dio infinitamente saggio? Egli saprà rispondere,
sicuramente, nel momento più propizio e nella
maniera più proficua per noi. Spesso Egli andrà
persino oltre la nostra immaginazione od il
nostro pensiero, nellesaudirci.
È quello che fece in risposta al nobile
desiderio di David di consacrare tutti i suoi
tesori e le sue risorse nellelevarGli un
tempio degno del Suo grande Nome. Dio glielo
rifiutò, riservandogli una grazia che doveva
sorpassare infinitamente tutto quanto egli
avrebbe potuto sognare e di cui, da vivo, non
riuscì ad afferrare tutta la portata: « ...
sarò Io a fare una cosa per te!» E quale
«casa»! Quella che avrebbe coronato il Cristo,
il glorioso Figlio di David!
Unultima lezione, che getta luce sui
rapporti della preghiera e della fede, emerge dal
commentario autorizzato che dà lEpistola
agli Ebrei della vita di alcuni uomini notevoli,
noti o ignoti, alcuni dei quali, mediante la fede:
«vinsero regni, operarono giustizia, ...», ma
altri, sempre per la stessa fede, si videro
negato il miracolo.
Lautore ispirato di queste righe sembra
persino indicare che la fede dei vinti era
maggiore di quella dei vincitori.
Dunque, la fede è ben più duna
convinzione, duna certezza o duna
fiducia; è una visione.
Una visione del «meglio» che Dio desidera e
prepara per noi.
Più ancora, è una adesione di tutto lessere
a tale visione.
Tanta fede è capace di tutto. È il pegno di
ogni esaudimento. Essa stessa è già esaudimento.
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